In epoca controrivoluzionaria, nell’era del dominio assoluto del capitalismo, parlare di rivoluzioni sembra piuttosto un ossimoro. Tuttavia, ogni capodanno arriva una rivoluzione — il suo anniversario ma anche il fatto che esiste ancora — per ricordarci che l’esigenza rivoluzionaria, l’esigenza di una società più giusta e aperta all’evoluzione e al cambiamento, è l’esigenza più ragionevole in un mondo irrazionale dove noi viviamo.
La ragione della rivoluzione cubana che vinse il 1° gennaio 1959, schiacciando un rigido regime dittatoriale ma anche la volontà della più grande e reazionaria potenza del pianeta — allora come oggi —, gli Stati Uniti d’America.
Un’altra epoca, un diverso rapporto globale di forze, si potrebbe obiettare a chi rimane sul terreno del realismo e del cinismo che spesso ne deriva. È vero. Ma l’umanità non è condannata da qualche potere soprannaturale a vivere per sempre nella schiavitù del salario e nello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, che oggi ha assunto proporzioni spaventose sia nei modi che nei mezzi con cui ciò avviene.
L’assurdità del capitalismo — che si è rivelato essere il sistema sociale più barbaro e allo stesso tempo più dispendioso della Storia — è opera delle persone. Così sono le rivoluzioni. Di conseguenza, se l’uomo può liberare le forze più barbare, che alla fine si rivoltano contro di lui, è altrettanto e più capace del contrario.
Le rivoluzioni — indipendentemente da come si sono sviluppate — sono sempre state una scuola insostituibile di liberazione sociale in tutte le epoche. E questo sta accadendo anche nel nostro tempo. L’anniversario della rivoluzione cubana all’inizio del nuovo anno ci offre l’opportunità di riflettere su questo tema.