I recenti progressi tecnologici hanno aperto un acceso dibattito sugli effetti della meccanizzazione sulle società attuali. Una preoccupazione ricorrente espressa da molti commentatori è che le macchine assumeranno compiti precedentemente svolti dai lavoratori, portando a una disoccupazione diffusa e a una crescente disuguaglianza. Queste paure crescenti non sono nuove; la tecnologia ha sempre generato ansia culturale nel corso della storia (Mokyr et al. 2015). Il percorso di transizione, tuttavia, potrebbe non essere dirompente per tutti i lavoratori e le industrie. Economisti di spicco come Adam Smith, ad esempio, hanno da tempo enfatizzato gli effetti positivi della tecnologia sostenendo che la meccanizzazione genererà significativi guadagni di produttività nel lungo periodo, portando a beni più economici, aumento della domanda di lavoro e quindi più posti di lavoro.
Comprendere gli effetti della meccanizzazione comporta problemi di misurazione difficili perché le onde della meccanizzazione contemporanea in genere si sovrappongono, rendendo difficile isolare l’effetto di una specifica tecnologia. In un recente articolo (Ridolfi et al. 2022), cerchiamo di affrontare queste preoccupazioni rivolgendoci a un’epoca in cui lo sviluppo tecnologico era ancora nelle sue fasi iniziali e il sostegno del governo ai lavoratori era scarso. A sua volta, questo rende più facile identificare l’influenza della meccanizzazione sui risultati del lavoro, poiché è probabile che fattori di confusione istituzionali e di altro tipo abbiano un ruolo minore nelle società passate.
Consideriamo una delle più significative ondate di meccanizzazione della storia: l’ascesa e la diffusione della forza del vapore nella Francia del XIX secolo. Questa impostazione empirica fornisce un terreno di prova ideale per esplorare le nostre ipotesi principali. Le statistiche storiche francesi sono straordinariamente dettagliate per il periodo in questione e consentono di osservare il processo di meccanizzazione dalle prime fasi della diffusione fino alla maturità. Una caratteristica peculiare in questo contesto è che le tradizionali fonti di forza motrice come l’acqua e il vento hanno svolto un ruolo significativo nella produzione francese. Ciò significa che grandi variazioni nei modelli locali di adozione tecnologica possono essere meglio comprese rispetto all’Inghilterra, ad esempio, dove dominava il modello del carbone-vapore.
Per impostare la nostra analisi, costruiamo un nuovo set di dati composto da due parti. La prima riguarda le informazioni riportate nelle due prime indagini industriali effettuate dall’Ufficio di statistica francese nel corso del XIX secolo (Chanut et al. 2000). I due sondaggi sono onnicomprensivi e includono informazioni su salari, occupazione e uso della forza motrice. Il secondo gruppo di dati, raccolti da una varietà di fonti, riguarda le informazioni a livello distrettuale che comprendono un’ampia varietà di fattori geografici, demografici ed economici tra cui l’accesso all’energia idrica, la vicinanza ai bacini carboniferi, la qualità della forza lavoro e la presenza di banche, che ci aiutano a identificare le condizioni iniziali locali che hanno influenzato l’adozione iniziale del motore a vapore.
Usiamo queste informazioni per rispondere a due domande principali. Innanzitutto, quali sono stati i principali fattori trainanti dell’adozione del motore a vapore? Qui, testiamo cinque ipotesi che si sono profilate largamente in letteratura: (1) la cosiddetta ipotesi del salario elevato che sostiene che manodopera costosa ed energia a basso costo (carbone) abbiano spinto i produttori a innovare (Allen 2009, 2011); (2) l’ipotesi della disponibilità delle risorse che invece pone l’accento sulla disponibilità di sostituti del carbone a basso costo come il vento e l’acqua come potenziali freni all’innovazione (Crouzet 1996); (3) l’ipotesi della salute e della conoscenza che sottolinea la qualità della forza lavoro in termini di nutrizione, stato di salute e conoscenza come fattore di spinta che ha aiutato l’innovazione (Mokyr 1990, Squicciarini e Voigtländer 2015, Kelly et al 2014, 2022 ); (4) l’ipotesi della forza di mercato che considera le dimensioni del mercato e la vicinanza alla conoscenza tecnologica come importanti fattori di innovazione (Acemoglu e Linn 2004, Franck e Galor 2021); e, infine, (5) l’ipotesi della crescita guidata dalla finanza che sottolinea il ruolo svolto dalle istituzioni finanziarie nella promozione delle innovazioni (Madsen e Ang 2016, Rousseau e Sylla 2005). In secondo luogo, esploriamo gli effetti dell’adozione del motore a vapore sui risultati del mercato del lavoro.
Per fornire risposte, applichiamo un approccio diff-in-diff con corrispondenza del punteggio di propensione, confrontando le industrie che sono rimaste senza alimentazione a vapore (gruppo non trattato) con quelle che hanno adottato la potenza a vapore tra le due registrazioni (gruppo trattato). Il processo di transizione è stato caratterizzato da una notevole eterogeneità sia nello spazio che all’interno dei settori. La figura 1 mostra la distribuzione delle aree trattate e non trattate in Francia nel caso della molitura, la sottoindustria più comune negli anni ’40 dell’Ottocento. I distretti trattati sono contrassegnati in blu scuro e quelli non trattati in azzurro. I distretti bianchi sono quelli in cui la molitura della farina era assente o già negli anni ’40 dell’Ottocento si installava il vapore.
Figura 1 Distretti molitori locali trattati e non trattati
In termini di fattori che spiegano l’adozione del vapore, i nostri risultati forniscono supporto ai meccanismi centrali evidenziati in letteratura. Molti lavoratori altamente pagati insieme alla vicinanza ai bacini carboniferi hanno aumentato significativamente la probabilità dell’adozione del vapore. La mancanza di energia idrica o le forniture idriche inadeguate hanno anche incoraggiato le aziende a installare motori a vapore. Le conoscenze scientifiche oltre che tecniche hanno aumentato significativamente le probabilità di adozione del vapore, mentre le competenze di alfabetizzazione di base e le conoscenze universitarie non hanno favorito la diffusione della forza del vapore. Anche le maggiori dimensioni del mercato, un’infrastruttura di trasporto ben sviluppata, la presenza di banche e buone condizioni sanitarie locali hanno aumentato la probabilità dell’adozione del motore a vapore.
Per quanto riguarda gli effetti dell’adozione del motore a vapore sui risultati del mercato del lavoro, i nostri risultati si oppongono ai timori che la meccanizzazione del passato fosse accompagnata da significativi tagli salariali e perdite di posti di lavoro. Dopo aver corretto gli effetti di selezione, osserviamo che le industrie che adottano il vapore hanno finito per impiegare fino al 94% in più di lavoratori rispetto alle loro controparti che non adottano il vapore (Figura 2). Riteniamo inoltre che le industrie che adottano il vapore pagano salari in media fino al 5% superiori rispetto a quelle che non adottano (Figura 3). L’effetto positivo della meccanizzazione sui salari suggerisce che il cambiamento tecnico ha ampliato la struttura salariale anche durante le prime fasi dello sviluppo industriale e non solo più recentemente (Goldin e Katz 1996, 1998).
Data la particolare importanza dell’acqua come fonte di energia nella produzione francese, esploriamo anche un sottocampione di industrie alimentate ad acqua negli anni ’40 dell’Ottocento, considerando l’effetto che una transizione parziale o totale al vapore ha avuto sui risultati del lavoro. Ci riferiamo alla prima istanza (transizione parziale) come integrazione tecnica e alla seconda (transizione completa) come sostituzione tecnica o distruzione creativa. Per identificare gli effetti sui salari e sull’occupazione, confrontiamo le industrie che adottano il vapore con quelle che continuarono a fare affidamento esclusivamente sull’energia idrica tra il 1840 e il 1860. Qui, i nostri risultati suggeriscono che la sostituzione tecnica ha aumentato significativamente sia il numero di lavoratori maschi occupati (del 41%) che il loro salario medio (del 14%) mentre l’integrazione tecnica ha aumentato significativamente il numero di lavoratori maschi (del 91%) ma non il loro salario medio. La distruzione creativa in questo senso era migliore per la compensazione dei lavoratori, ma l’integrazione tecnica era migliore per l’occupazione.
Riferimenti
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Autori:
Leonardo Ridolfi, Ricercatore di Storia Economica, Università di Siena.
Carla Salvo, Dottorando in Studi Socio-Economici e Statistici, Università di Roma La Sapienza.
Jacob Weisdorf, Professore Ordinario di Storia Economica, Università di Roma La Sapienza.
Fonte: VOXEU CEPR, 17 Luglio 2022