Le tragiche conseguenze della crisi dei rifugiati sono evidenziate da un Rapporto dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, secondo il quale oltre 29.000 rifugiati e migranti hanno perso la vita in Europa dal 2014.
Nel Rapporto Progetto Migranti Scomparsi dell’Agenzia delle Nazioni Unite si afferma inoltre che negli ultimi due anni (2020-2021) altre 5.000 persone hanno perso la vita.
L’OIM avverte dell'”aumento dei decessi osservati sulle rotte mediterranee, alle frontiere terrestri verso l’Europa e all’interno del continente”, rilevando che la rotta migratoria più letale continua ad essere il Mediterraneo centrale, dove 2.836 migranti e rifugiati hanno perso la vita da gennaio 2021, tentando di raggiungere l’Italia o Malta, passando principalmente per Libia e Tunisia.
La seconda rotta più mortale è la rotta atlantica dall’Africa occidentale alle Isole Canarie spagnole, dove dal 2021 sono stati registrati oltre 1.500 decessi. Un aumento dei decessi è stato riscontrato anche in altre aree al confine con l’Europa, nonché in Grecia, nei Balcani occidentali e nell’Inghilterra.
I ricercatori, tuttavia, riconoscono che il loro conteggio potrebbe essere un conteggio insufficiente, data la difficoltà di raccogliere e confermare informazioni sui “naufragi invisibili”, cioè le barche che scompaiono in mare senza testimoni.
I pericoli dei respingimenti
Nella sua dichiarazione sul rapporto, l’OIM rileva che molti dei decessi “avrebbero potuto essere prevenuti con un’assistenza tempestiva ed efficace ai migranti in pericolo”, mentre il progetto pubblica statistiche sui decessi legati alle cosiddette espulsioni forzate da parte delle autorità europee. Ha contato 252 morti sulla base dei rapporti dei sopravvissuti.
Si osserva inoltre che i respingimenti sono illegali ai sensi del diritto internazionale e dell’UE, in quanto violano il diritto di chiedere asilo e il principio di non rimandare nessuno in un luogo in cui correrebbe un rischio reale di persecuzione, tortura o intimidazione per tutta la vita.
Il rapporto afferma che 97 dei decessi legati al respingimento sono stati registrati nel Mediterraneo centrale, 70 nel Mediterraneo orientale, 58 al confine terrestre tra Turchia e Grecia, 23 nel Mediterraneo occidentale e 4 al confine tra Bielorussia e Polonia.
“Tali casi sono quasi impossibili da verificare completamente a causa della mancanza di trasparenza, mancanza di accesso e natura altamente politicizzata di tali eventi, e quindi questi numeri potrebbero essere una sottostima del bilancio delle vittime effettivo”, afferma il rapporto.