Gli ultimi mesi sono stati indubbiamente contrassegnati da un’esplosione di interesse per i sistemi di intelligenza artificiale, il cui momento clou è stato il rilascio al grande pubblico nel novembre 2022 dell’ormai famoso modello di linguaggio ChatGPT, che — a detta sua — “ha capacità di elaborazione avanzate del linguaggio naturale, formazione su larga scala su diversi dati testuali, consapevolezza contestuale e flessibilità nell’esecuzione di un’ampia gamma di compiti relativi alla lingua.”

In effetti, il successo di ChatGPT è semplicemente un catalizzatore per gli sviluppi in un campo che ha fatto passi da gigante per più di un decennio, con l’avvento delle tecnologie di Deep Learning e la potenza di calcolo di questi sistemi che raddoppia ogni sei mesi. Siamo già a un punto critico in cui non è più distinguibile se un testo, un’immagine o un video sia stato generato da un algoritmo o da un essere umano, o se un dialogo sia reale.

Ma quanto siamo preparati per la prossima rivoluzione? Per niente purtroppo, questa è la dura realtà. In un momento in cui nessuno di noi — nemmeno i più “digitalmente alfabetizzati” — è preparato ai cambiamenti cosmogenici che saranno determinati dagli sviluppi nel campo dell’intelligenza artificiale, una grande percentuale del mondo non ha nemmeno le basi di forniture di sopravvivenza nel moderno mondo digitale. Recentemente su Facebook sono state postate una sfilza di pagine identiche, ovviamente fake, chiamate “Tiny House”, che promettono di regalare “due mini case” a chi scriverà… “Congratulazioni” in un commento. Le informazioni su ciascuna di queste pagine sono completamente vuote, nessuna azienda che costruisce o vende case “prefabbricate”, nessun indirizzo, nessun telefono, nessun sito web, mentre poche foto di case “prefabbricate” in legno erano state pubblicate — e ovviamente prese da internet. Diresti che i creatori di queste pagine, che mirano ad attirare follower con l’obiettivo di rubare i dati personali degli utenti creduloni, non si sono impegnati molto per renderle credibili. Eppure, ci sono migliaia di utenti che si sono affrettati a commentare “Congratulazioni” e magari inserire successivamente il proprio numero di telefono o altri dati personali.

Chi proteggerà questi utenti dall’abuso di sofisticati sistemi di intelligenza artificiale quando sono così vulnerabili a frodi facilmente identificabili? Facendo ciò che ritenevamo nostro dovere, abbiamo segnalato la truffa e la pagina fake a facebook, il quale ci ha informato che la pagina in questione “non viola nessuno dei nostri specifici Termini della community”, anche se i Termini specificano espressamente che “pratiche ingannevoli circa l’identità, lo scopo o l’origine dell’ente rappresentato”, nonché “ingannare altri per realizzare un guadagno economico o personale attraverso la costituzione di imprese o enti fittizi”.

Abbiamo quindi sporto denuncia alla Direzione Procura Cybercrime, la quale — pur ammettendo che “incidenti simili segnalatici in passato si sono rivelati truffe”, ci ha consigliato di non inviare dati bancari o anagrafici e — se lo desideriamo — di recarci a qualsiasi Autorità Giudiziaria o di Polizia per sporgere denuncia. È quindi ragionevole che il quadro operativo esistente delle poche grandi aziende che controllano quasi completamente il nostro mondo digitale, così come il quadro istituzionale esistente, siano in gran parte incapaci di proteggerci sufficientemente — e certamente in tempo — dall’abuso dei media digitali, mentre — di fronte all’assalto dell’intelligenza artificiale — si scopre che siamo inammissibilmente indifesi.

Quindi cosa si dovrebbe fare? Può il pregnante — e ardito nei punti critici — Regolamento europeo sull’Intelligenza Artificiale (AI Act) o altre iniziative legislative arginare i rischi per i cittadini? Certamente un quadro normativo è migliore dello sviluppo incontrollato e del dispiegamento di strumenti di intelligenza artificiale sempre più potenti, ma nessun quadro legislativo sarà efficace senza cittadini capaci di affrontare criticamente il loro ambiente digitale, mettendo in discussione l’autorità degli algoritmi e chiedendo il rispetto dei loro diritti digitali. È necessaria una maggiore mobilitazione della società verso una campagna di “alfabetizzazione digitale” su vasta scala. È in discussione se il rispettivo potere politico sosterrà questo sforzo: lo sviluppo del pensiero critico dei cittadini in modo che non siano vulnerabili alla manipolazione non è stato tra le sue priorità per molto tempo.

Fonte:efsyn.gr

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