Rosalind Franklin o della scienza dominata dagli uomini

 

In occasione della Giornata internazionale dei diritti della donna di ieri e del 70° anniversario (1953-2023) della scoperta della struttura del DNA, oggi presentiamo la storia di Rosalind Franklin, scienziata che, pur essendo stata la prima a confermare sperimentalmente la struttura del DNA, il suo lavoro pionieristico è stato sistematicamente minimizzato dalla comunità scientifica maschilista.

L’Unione Panellenica delle Bioscienze (PEV), per commemorare, quest’anno, la Giornata Internazionale dei Diritti della Donna e anche il 70° anniversario della scoperta della struttura del DNA, ha organizzato lunedì scorso (6-3-23) un evento di grande successo sui motivi per il misconoscimento del lavoro di ricerca di Rosalind Franklin, anche se fondamentale per la scoperta della struttura e della funzione biochimica del DNA, la molecola che contiene l’informazione genetica per tutte le funzioni cellulari di base e la riproduzione.

L’interessantissimo evento ha riguardato la visione presso il Karolos Koun Art Theatre della pluripremiata pièce teatrale di Anna Ziegler “Photograph 51”, un rivelatore ritratto teatrale dei quattro protagonisti di questa scoperta. Questi sono due gruppi di giovani scienziati che lavoravano in Inghilterra all’epoca: un gruppo all’Università di Cambridge con James D. Watson e Francis Crick, l’altro gruppo alla King’s College University era Morris Wilkins e Rosalind Franklin. Entrambi i gruppi stavano cercando di scoprire la struttura del DNA, ma con due approcci diversi: il gruppo di Cambridge teoricamente, mentre l’altro gruppo in laboratorio, attraverso analisi cristallografiche.

La mostra si concentra principalmente sulla personalità e sul lavoro di Rosalind Franklin, perché la sua ricerca cristallografica ha finalmente fornito (agli altri tre ricercatori) la tanto attesa documentazione empirica e la conferma del modello teorico della doppia elica del DNA. Tuttavia, il contributo decisivo di questa ricercatrice sistematica è stato ignorato per più di mezzo secolo.E sebbene i suoi risultati fossero il presupposto e gettassero le basi per l’accettazione del nuovo modello, solo i tre ricercatori uomini avrebbero ricevuto, dopo un decennio, il premio Nobel per la medicina per la scoperta della struttura del DNA. Il che, di per sé, non era inaccettabile, perché Rosalind Franklin era morta pochi anni prima, nel 1958, all’età di 37 anni di cancro alle ovaie, probabilmente causato dalla sua lunga esposizione alle radiazioni. Ciò che era eticamente e moralmente inaccettabile nell’assegnazione dei premi Nobel a questi ricercatori era che sia loro che il comitato del premio non facevano menzione dell’importanza decisiva delle ricerche di Franklin!

Falso riconoscimento scientifico e disuguaglianze di genere

Dov’è questo oltraggioso pregiudizio e il tentativo di nascondere l’importanza cruciale delle immagini di diffrazione ai raggi X del campione di DNA, che erano scaturite dalla ricerca di Franklin e che furono mal utilizzate, contro la sua volontà, dai futuri premi Nobel? Perché è un dato di fatto che sia Morris Wilkins che Watson e Crick hanno ottenuto e utilizzato i dati sperimentali di Franklin senza la sua approvazione!

Tuttavia, sulla scoperta della struttura del DNA, nel 1953, sullo stesso numero della principale rivista scientifica “Nature”, furono pubblicati tre articoli: il primo articolo consecutivo fu quello di Watson e Crick, seguito da un articolo di Morris Wilkins e infine un articolo di Franklin, che includeva tutti i nuovi dati empirici e la famosa radiografia del DNA, nota come “foto 51”, che rivelava chiaramente la doppia elica.

Solo molto più tardi, nel 1968, Watson ammetterà, nel suo libro “The Double Helix”, il significato di questa foto di cui aveva abusato, riferendosi allo stesso tempo all’opera e alla personalità della defunta Franklin in maniera dispregiativa e indecente. Dopotutto, lui e Crick la chiamavano tra di loro la “Dark Lady” perché si rifiutava di presentare loro i dati che aveva così faticosamente acquisito. Un altro triste esempio di donna che, pur avendo contribuito in modo determinante allo sviluppo della scienza, è stata trattata “paternamente” dai suoi colleghi e sessista dalle istituzioni, anche da quelle scientifiche.

La storia di Rosalind Franklin, purtroppo, ci ricorda che, anche all’interno di una comunità scientifica moderna o di un gruppo di ricerca all’avanguardia, gli stereotipi sociali e i pregiudizi di genere alla fine prevalgono ovunque e, a volte, possono influenzare in modo decisivo i criteri di valutazione “oggettivi” del lavoro scientifico, portando a evidenti disuguaglianze scientifiche sessiste.

Quel che è certo è che i dibattiti-conflitti sulla costituzione dei soggetti di genere e sui rapporti di potere interpersonale e sociale tra di essi sono tutt’altro che superati nel nostro tempo, dal momento che ogni giorno assistiamo sia alla disuguaglianza nel lavoro sia alla brutale violenza fisica contro le donne.

Fonte: efsyn.gr, 09-03-23