Uno studio rivela che il greenwashing è un ostacolo chiave per i fondi “sostenibili”

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Che cos’è il greenwashing (e come ci inganna)

Nelle decisioni di investimento, tenere in considerazione i fattori ESG significa indirizzare capitali e risparmi verso imprese e progetti sostenibili, ossia che rispettano l’ambiente (è la lettera E della sigla ESG, ambiente, Enviroment in inglese), sono attente all’inclusione e al benessere dei lavoratori (la lettera S, i fattori sociali, Social in inglese), favoriscono la presenza di donne negli organi di amministrazione (la lettera G, governo societario, Governance in inglese). Stiamo parlando quindi di finanza sostenibile.

Quando vogliamo investire in azioni e obbligazioni di imprese sostenibili o in titoli che finanziano progetti ambientali o sociali (come le obbligazioni verdi), possiamo incappare in casi di greenwashing: l’impresa alla quale il titolo si riferisce o i progetti da finanziare ci vengono presentati come più sostenibili di quanto siano in realtà, cioè migliori del vero dal punto di vista dell’ambiente, dell’impatto sulla società o del governo aziendale. L’Unione europea sta mettendo a punto nuove regole e controlli per tutelarci; nel frattempo, facciamoci un’idea di questa pratica e di come ci può ingannare.

Più precisamente, nel settore finanziario il greenwashing è dire o fare cose che non riflettono in modo chiaro e corretto il profilo di sostenibilità di un ente (chi crea, emette o distribuisce prodotti finanziari come banche, società d’investimento, compagnie assicurative), un prodotto finanziario (azioni, obbligazioni, prestiti, assicurazioni) o un servizio finanziario (come la consulenza). È una pratica che può essere fuorviante per i consumatori, gli investitori e gli altri partecipanti al mercato. Chi può attuarla? L’ente oggetto delle affermazioni o responsabile del prodotto, ma anche un ente che dà consulenza o informazioni sul prodotto o una terza parte (come un’agenzia che certifica la sostenibilità).

Quella riportata sopra è la definizione, semplificata, elaborata dalle tre autorità che vigilano sul settore finanziario dell’Unione europea (le European Supervisory Authorities, ESAs). La definizione è stata pubblicata a giugno insieme a un’analisi preliminare del fenomeno che ciascuna autorità ha svolto rispetto al proprio ambito di competenza: le banche (per la European Banking Authority, EBA), i mercati finanziari (per la European Securities and Markets Authority, ESMA), e assicurazioni e fondi pensione (per la European Insurance and Occupational Pensions Authority, EIOPA). Da queste analisi possiamo capire meglio il fenomeno, partendo da potenziali casi concreti.

Qualche esempio

Consideriamo le banche della UE. Secondo quanto riporta l’EBA nel suo rapporto preliminare, questi sono casi di presunto greenwashing (rilevati in prevalenza da giornalisti e organizzazioni non governative) rispetto alla sostenibilità della banca:

  • affermare di contribuire alla riduzione delle emissioni globali di anidride carbonica, ma prestare denaro a società che costruiscono centrali elettriche a carbone;
  • affermare di contribuire alla lotta contro la deforestazione, ma investire in una società che si presume legata alla deforestazione dell’Amazzonia;
  • impegnarsi pubblicamente a ridurre le emissioni di anidride carbonica connesse alle proprie attività di investimento e finanziamento, ma dotarsi di un piano non credibile;
  • comunicare sui propri sforzi contro il cambiamento climatico, ma omettere informazioni sul proprio contributo alle emissioni di gas serra;
  • violare la propria politica ambientale e sociale finanziando consapevolmente progetti dal forte impatto negativo sull’ambiente e sulla società;
  • promettere di reprimere la clientela sospetta, ma poi fare affari con persone e società implicate in vari crimini;
  • impegnarsi pubblicamente a essere sostenibile, ma investire in società coinvolte in violazioni dei diritti umani;
  • dichiarare di non aver evaso le tasse, ma poi subire una condanna per evasione fiscale;
  • affermare di avere a cuore il benessere dei dipendenti, ma discriminarli o non tutelarne i diritti.

A livello di prodotto o servizio, invece:

  • dire il falso ai clienti sulle caratteristiche, gli obiettivi, la composizione e la portata “verde” dei prodotti d’investimento;
  • promuovere come sostenibili fondi che investono in aziende con un impatto negativo sull’ambiente e sulla società;
  • lanciare un’etichetta per l’investimento sostenibile che permette di investire in aziende nel settore dei combustibili fossili (non allo scopo di renderle più ecosostenibili).

Come si realizza l’inganno?

Con falsità e omissioni, spiegano le ESA. È greenwashing quando un’affermazione sulla sostenibilità contiene informazioni false o capaci di ingannare consumatori, investitori e altri partecipanti al mercato, oppure quando vengono omesse informazioni rilevanti per le loro decisioni (questo è il caso, ad esempio, di affermazioni parziali, selettive, non chiare, incomprensibili, vaghe, semplicistiche, ambigue, non tempestive o non dimostrate). Le affermazioni fuorvianti possono essere trasmesse attraverso vari canali, fra cui materiali di marketing, rapporti volontari, etichette e certificazioni di sostenibilità, siti web, social media e influencer.

In base alla definizione delle ESA, comunque, si può fare greenwashing non solo con ciò che si dice, ma anche con ciò che si fa. Un esempio di azione che può costituire greenwashing è non considerare abbastanza le preferenze di sostenibilità dei clienti in fase di consulenza.

Ma perché succede?

Che cosa può spingere al greenwashing nel settore finanziario? Le ESA riportano vari fattori:

  • la competizione fra gli enti per soddisfare la crescente domanda di prodotti e servizi sostenibili;
  • la carenza di regole e controlli;
  • l’essere sotto la lente dei media e delle organizzazioni non governative, cosa che può indurre a concentrare la comunicazione su ciò che è sostenibile nelle proprie attività e ignorare o sminuire ciò che non lo è;
  • la disponibilità di informazioni limitate o imperfette sulla propria performance ambientale;
  • carenze nella struttura, nell’etica o nel governo societario dell’ente, come ad esempio la mancanza di un codice etico, di standard di condotta o di responsabilità assegnate con chiarezza.

Il greenwashing può provocare un danno immediato a singoli consumatori o investitori, o dare a chi lo fa un vantaggio ingiusto sui concorrenti. A prescindere da questi esiti, comunque, avvertono le ESA, se il fenomeno non viene tenuto sotto controllo può minare la fiducia nei mercati e nelle politiche di finanza sostenibile.

Per approfondire

Fonte: L’economia per tutti. BANCA D’ITALIA PER LA CULTURA FINANZIARIA

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  • Il greenwashing, soprattutto nel settore finanziario, è aumentato in modo significativo negli ultimi cinque anni, portando a una diminuzione degli investimenti in fondi sostenibili.
  • Casi di alto profilo come DWS di Deutsche Bank e Baillie Gifford hanno messo in luce affermazioni ESG fuorvianti, contribuendo a una mancanza di fiducia tra gli investitori.
  • Lo studio ha rilevato che le accuse di greenwashing inducono gli investitori istituzionali a ridurre i loro investimenti in fondi verdi dell’8% e gli investitori al dettaglio del 12,6% il mese successivo, evidenziando l’urgente necessità di un’azione normativa per migliorare la fiducia e la trasparenza nei prodotti di investimento sostenibili.

Gli investimenti in fondi sostenibili si stanno riducendo a causa di un aumento del greenwashing e dello scetticismo nei confronti degli investimenti focalizzati sull’ambiente, sul sociale e sulla governance, ha rilevato un nuovo studio.

Il whitepaper di Elise Gourier e Helene Mathurin della ESSEC Business School ha rilevato che la questione del greenwashing è diventata “particolarmente importante negli ultimi cinque anni”, soprattutto nel settore finanziario.

Il greenwashing avviene quando le aziende presentano informazioni fuorvianti su quanto siano rispettosi dell’ambiente i loro prodotti.

Utilizzando l’elaborazione del linguaggio naturale per analizzare centinaia di migliaia di articoli di notizie che menzionano il greenwashing o termini ad esso associati, lo studio ha monitorato l’importanza del problema.

Sorprendentemente, è emerso che, mentre in precedenza il greenwashing si era concentrato su settori come l’industria del petrolio e del gas o su incidenti specifici come lo scandalo Volkswagen nel 2015, la recente attenzione alle società di investimento era nuova.

Questa impennata “senza precedenti” nel settore finanziario ha reso le società di investimento il bersaglio più frequente delle accuse di greenwashing, con articoli sul greenwashing da parte del settore che corrispondono al totale combinato di quelli riguardanti sia il settore dell’energia che quello delle costruzioni.

A settembre, DWS, la divisione di gestione patrimoniale di Deutsche Bank, è stata multata di 19 milioni di dollari dalla Securities and Exchange Commission degli Stati Uniti per “dichiarazioni sostanzialmente fuorvianti” sul suo processo di incorporazione dei fattori ESG nelle raccomandazioni di ricerca e investimento.

Anche il gestore patrimoniale scozzese Baillie Gifford è stato criticato l’anno scorso da Greta Thunberg, che si è ritirata dall’Edinburgh International Book Festival a causa della sua sponsorizzazione da parte del gestore patrimoniale, che investe in società di combustibili fossili.

Monitorando la frequenza di articoli come questi, lo studio ha scoperto che un aumento delle storie di greenwashing fa sì che gli investitori istituzionali diminuiscano i loro investimenti in fondi verdi dell’8% il mese successivo e gli investitori al dettaglio del 12,6%.

Il documento aggiunge che gli investitori al dettaglio e gli investitori istituzionali hanno reagito diversamente, con i primi che hanno specificamente ritirato denaro dai fondi con rating ESG elevati, suggerendo una mancanza di fiducia nei rating stessi.

Gli stessi rating ESG sono stati messi sotto accusa negli ultimi mesi, con MSCI recentemente accusato di “bias” nei suoi rating per spingere gli investitori verso i loro indici.

A causa di questi ritiri, i prezzi delle aziende sostenibili sarebbero stati deformati dal greenwashing, sostiene il documento.

Le nuove regole della Financial Conduct Authority sul greenwashing saranno implementate a partire dal 31 maggio di quest’anno , con le aziende che dovranno affrontare un nuovo giro di vite per migliorare la “fiducia e la trasparenza dei prodotti di investimento sostenibili”.

Fonte: City AM, il primo quotidiano economico gratuito di Londra.