Gas e nucleare. La scelta da parte dei governi dell’Unione europea è stata chiara, quando si è trattato di indicare – nella tassonomia delle attività economiche considerate “sostenibili” – quali fossero le fonti energetiche necessarie per, da un lato, salvare il clima e, dall’altro sostenere la ripresa post-Covid. Così, miliardi e miliardi di euro saranno assorbiti e sottratti di fatto allo sviluppo delle rinnovabili. Ne vale la pena? Una prima risposta ce l’avremo tutti nelle bollette di luce e gas, quest’inverno.

Il mercato europeo dell’elettricità è infatti in subbuglio, con uno squilibrio gigantesco prossimo venturo tra domanda e offerta. I prezzi dell’energia che verrà consegnata nel prossimo inverno sono saliti a 840 euro al megawattora in Germania (al 26 agosto) e a 1.100 euro in Francia. A distanza siderale dai valori dell’estate 2021 (100 euro) e dei periodi “normali” (quando si viaggiava attorno ai 50).

I mercati anticipano così la presumibile, ulteriore diminuzione delle consegne di gas da parte della Russia, in particolare attraverso la pipeline Nord Stream 1, che fornisce il 40% del metano consumato in Europa. Così, i contratti a termine sul mercato di Rotterdam erano negoziati venerdì 26 agosto a 312 euro al megawattora, con una crescita di oltre il 126% in soli sei mesi. Una dinamica sulla quale probabilmente pesa anche la speculazione, come sempre (perché anche una nuova regolamentazione della finanza, per carità, non è immaginabile).

Sul fronte del nucleare, impossibile non guardare alla Francia. Nonostante la crisi sempre più profonda, nonostante una guerra in piena Europa, nonostante la questione del potere d’acquisto sia stata al centro della campagna elettorale (aiutando l’estrema destra di Marine Le Pen a conquistare una novantina di deputati, un record) e nonostante i rischi di proteste veementi (dei gilet jaunes non si parla quasi più, ma il movimento non ha mai abbassato la guardia), la nazione europea non è in grado, di fatto, di contare sull’atomo per sentirsi al sicuro.

Non è una questione teorica, ma quanto mai concreta, dati alla mano. Su un parco transalpino complessivo di 56 reattori, in questo momento in funzione ce ne sono soltanto 24. Gli altri 32 sono bloccati per diverse ragioni: manutenzione ordinaria, visite decennali degli organismi di controllo, ricariche di combustibile, e soprattutto complessi problemi di corrosione di alcune componenti. Giovedì 25 agosto è arrivata la notizia che i lavori alle centrali di Penly (Senna Marittima) e Cattenom (Mosella) saranno prolungati ancora per mesi e mesi. La ripresa del servizio non avverrà prima di novembre prossimo e gennaio 2023.

La produzione di energia da fonti nucleari potrebbe perciò facilmente avvicinarsi alla parte bassa delle forchetta indicata dalla compagnia EDF (tra 280 e 300 MWh per il 2022). I problemi di corrosione, d’altra parte, riguardano i sistemi detti RIS, che permettono di raffreddare i reattori in caso di incidente, collegati al circuito primario. Una questione che neppure i pasdaran dell’atomo possono giudicare di poco conto.

Così, il calo della produzione nucleare di EDF, già a un livello straordinariamente basso, contribuisce alla crescita senza precedenti dei prezzi all’ingrosso. E per dicembre il megawattora di elettricità si scambia già a più di 1.600 euro: un livello, semplicemente, insostenibile. Parigi ha introdotto uno “scudo energetico” che limita la crescita dei prezzi al 4%. Ma solo fino al 31 dicembre: ciò che accadrà dopo, nessuno lo sa.

E mentre nel Regno Unito si prevede che i due terzi della popolazione (due terzi! In una nazione ricca come il Regno Unito!) a gennaio sarà a rischio “povertà energetica” (calcolata quando più del 10% dei redditi è destinato al pagamento delle bollette), l’Unione europea e gli Stati membri stanno ipotizzando piani di risparmio e austerità. Il primo ministro della Repubblica Ceca Per Fiala, Paese che in questo momento presiede l’Ue, ha proposto una riunione d’emergenza per fronteggiare la crisi.

In attesa di sapere cosa verrà deciso, nessuno osa sottolineare come l’efficienza energetica non dovrebbe essere relegata ad una misura emergenziale ma diventare la normalità. E che lo sviluppo delle rinnovabili è la chiave per non solo affrancarci dalle fonti fossili provenienti da dubbie democrazie, ma anche per garantire che la lotta ai cambiamenti climatici non venga dimenticata.

No, niente di tutto questo: al contrario, si esulta per un giacimento di gas individuato a Cipro (dimenticando di ricordare che ci vorranno anni prima di cominciare l’eventuale estrazione). Si parla del rigassificatore di Piombino (in questo caso di anni ce ne vorranno minimo tre). E si sorvola bellamente sul fatto che il gas non fa altro che alimentare il riscaldamento globale, che contribuisce a bloccare i reattori nucleari in estate perché i corsi d’acqua sono troppo caldi, riduce la produzione da idroelettrico per via della siccità, e aumenta i consumi legati ai condizionatori in funzione nelle sempre più prolungate e violente ondate di caldo.

Senza dimenticare che i rigassificatori utilizzano gas liquefatto, i cui prezzi – ad oggi – sono quelli descritti. Sole e vento sono invece gratuiti, rinnovabili e infiniti. Ma la lobby del buon senso, evidentemente, non è ancora abbastanza potente.

Fonte: valori.it