“È la stessa comunità sapiente che detta le regole”, così leggo all’interno dell’intervista che Rita Levi-Montalcini ha rilasciato, il 14 febbraio 2001, al giornale La Repubblica. E in un altro punto, a sottolineare la sua totale fiducia nella comunità scientifica, dice: “Se nocumento per l’uomo o l’ambiente emergesse, non dubito che gli scienziati si fermerebbero”.

Io dubito, invece, dubito e ancora dubito. E la scelta dell’aggettivo che Rita Levi -Montalcini ha scelto per definire la comunità degli scienziati: non scientifica ma sapiente, mi inquieta.
All’interrogativo: Che cosa sia la sapienza, e dunque chi sia un sapiente, non è facile dare una risposta ed io non ci proverò. Tuttavia sarei molto cauta a considerare, tout-court, sapienti gli scienziati e avrei molte riserve a lasciare che siano loro a dettare le regole e, quindi, a condurre la mia vita.

Già, nel 1960, Watson nel suo libro ” La scoperta del DNA ha, in qualche modo, inconsapevolmente, seppellito lo stereotipo dello scienziato svagato e poco interessato agli onori del mondo, restituendogli tutta intera la sua dimensione umana, contradditoria nei suoi bisogni e nei suoi desideri di riconoscimento, affetta da invidie per i risultati conseguiti dai colleghi e così via; nel loro cuore e nella loro mente alberga, vorrei dire, tutto quanto può albergare in quella di un essere umano qualunque.

Detto ciò, la cifra che distingue lo scienziato dai suoi simili è la passione per la conoscenza, una passione, tuttavia, non priva di pericolose ambivalenze. Come tutte le passioni. La passione per la conoscenza è confrontabile, lasciatemelo dire, solo con la passione d’amore. E questa, lo sappiamo bene, qualora non sia governata, può generare una violenza, anche mortale, persino verso chi si dice di amare.

Così anche la passione per la conoscenza può portare a esiti o a processi che, sfuggendo al controllo degli stessi scienziati, possono diventare esiziali per l’intera umanità e per il mondo in cui viviamo.

Freeman Dyson,
uno dei grandi della fisica moderna, in relazione alla costruzione e all’esplosione della bomba nucleare, disse con estrema sincerità e lucidità: “Io l’ho provato. Lo splendore delle bombe nucleari. E’ irresistibile se gli stai di fronte come scienziato. Avere la consapevolezza che è nelle tue mani la possibilità di rilasciare quell’energia che può incediare le stelle, che ciò può avvenire ad un tuo cenno. Far sì che avvenga questo miracolo: sollevare milioni di rocce sino al cielo. Vi è qualcosa che dà alle persone l’illusione di un potere illimitabile, ed è, in qualche modo, responsabile di molte nostre afflizioni; potrebbe chiamarsi arroganza tecnica ciò che sopraffà le persone quando esse comprendono quello che possono fare con le loro menti”.

Da quel lontano agosto 1945 ad oggi, lo sappiamo tutti, vi è stata una corsa agli armamenti nucleari da parte di molte nazioni e, se sono i politici e i militari a dare l’ordine di costruzione, molti scienziati non hanno mai negato il loro contributo affinché quell’ordine fosse attuato. Il secolo, che si è aperto di fronte a noi, promette di meravigliarci, di sorprenderci con le nuove scoperte, e successive applicazioni, nel campo della biologia, nel campo della genetica, della medicina, della robotica e della nanotecnologia.

Nell’Occidente industrializzato, poi, la Conoscenza Scientifica ha acquisito, oggi, un’aura di sacralità e viene tacciato di luddismo chiunque ponga la questione di stabilire limiti etici non alla ricerca di base ma alle sue potenziali applicazioni. E questa è una distinzione non irrilevante, perché sono le sue potenziali applicazioni che devono poter essere discutibili e su cui, a mio avviso, gli scienziati non possono essere lasciati soli a dettar le regole.

Io mi auguro che molte delle possibili gravi malattie siano sconfitte, grazie alle nuove scoperte della genetica, cosicché io possa sperare di vivere tanto a lungo da ascoltare i racconti dei viaggiatori che ritorneranno da altri mondi. Sono grata a Flemming per la scoperta della pennicilina, a Meucci per il telefono e a Shockley, la cui equazione ha posto le basi per la realizzazione dei componenti a semiconduttore con i quali è stato costruito il calcolatore che utilizzo, in questo momento, per scrivere. E sono grata a tutti gli scienziati che, nel corso del tempo, mi hanno in qualche parte disvelato il mondo nel quale io vivo.

Tuttavia sono preoccupata quando leggo che gli scienziati Ray Kurzweil nel libro L’età delle Macchine Spirituali o Hans Moravec nel libro Robot: Semplici Macchine per una Mente Trascendente preannunciano la realizzazione di esseri umani ibridi. Ciò si renderà possibile con lo sviluppo dell’elettronica molecolare. Fantascienza? No.

Il 19 novembre 2000 sul Corriere della Sera è apparso l’articolo: ” Arrivano dagli Usa i chip molecolari ” in cui si annuncia la realizzazione di una memoria e di un dispositivo logico con molecole di sintesi.

Sono ancora preoccupata quando leggo l’annuncio-desiderio di clonare un essere umano. Il 27 gennaio 2001 sul giornale La Stampa appare l’articolo : Antinori: clonerò un essere umano” E la ragione che lo scienziato offre per giustificare le sue intenzioni: “dare un figlio alle coppie sterili”, è fragile, risibile. E’ stato molto più onesto lo scienziato Richard Seed quando, annunciando la stessa intenzione, disse (Il giornale, 9 gennaio 1998): ” Da anni ho solo due desideri: essere il primo al mondo a clonare un essere umano e vincere il premio Nobel” No, non posso pensare a tutti questi Scienziati come a una Comunità di Sapienti.

Nelle polemiche intorno a: ricerca libera sì/no, sui giornali di questi ultimi tempi, ho spesso l’impressione che, non so se volutamente, si siano confusi i due piani: la ricerca di base e le sue applicazioni.

La Scienza che si identifica con la scoperta del modello del DNA è altra cosa dalle potenziali applicazioni che ne possono derivare, spesso commissionate e orientate da interessi economici.

Certo, oggi, Scienza, e Applicazioni conseguenti, si intrecciano, in una commistione di interessi talvolta difficilmente separabili. La ricerca non si svolge più come ai tempi di Galileo il quale si costruiva da sé il cannocchiale, lo mostrava e di esso ne dava, gratuitamente, la dimostrazione; oggi, una qualche multinazionale avrebbe sovvenzionato le sue ricerche, avrebbe depositato i possibili brevetti e, solo dopo, li avrebbe resi fruibile per tutti, a pagamento. La ricerca costa – lo sappiamo tutti – e, dunque, i committenti vogliono avere dei ritorni economici !!

Gli enormi investimenti che, attualmente, vengono fatti nel settore dell’agricoltura per l’impiego di prodotti geneticamente modificati, come possono rientrare in termini di profitti nei bilanci delle multinazionali? Soltanto inducendo obliquamente, anche ove non ve ne sia necessità, la sostituzione dei prodotti convenzionali con i propri. Qualcuno dice che l’utilizzo di questi prodotti eliminerà il problema della fame nel mondo. Ma, leggendo la rivista Missioni della Consolata sembra che in realtà l’introduzione di colture da semi geneticamente modificati (costosi e producenti piante infeconde) nei paesi del cosiddetto Terzo Mondo abbia peggiorato le condizioni alimentari e l’agricoltura delle popolazioni indigene. E dunque?

Credo, poi, che le multinazionali, che operano nel settore dei prodotti geneticamente modificati, seguano la generale politica del cosiddetto”time to market“, in altri termini si tende a occupare, al più presto, posizioni di mercato, ancor prima di essere sicuri che un prodotto sia affidabile o totalmente sicuro: eventuali malfunzionamenti o problemi saranno risolti nel corso del tempo. Ma per prodotti, che potrebbero mettere in pericolo la stessa salute degli esseri umani, questa politica dovrebbe considerarsi inaccettabile.

“L’uomo tende per sua natura a indagare liberamente”, afferma Rita Levi Montalcini nella stessa intervista, ricordando quanto già aveva affermato Aristotile nella sua Metafisica. Ma Aristotile, quando scriveva, non credo che fantasticasse sulla possibile costruzione di esseri umani ibridi, a processi di clonazione umana o altro. Indagare è un atto astratto, mentale al contrario del costruire, manipolare. È sul costruire che, a mio avviso, uno deve interrogarsi: è lecito fare tutto quello che si sarebbe capaci di fare? E una libertà matura deve anche saper dire: no.

Una donna annuncerebbe mai come Antinori: clonerò un essere umano?

Mi ripeto: no, no…non lo farebbe mai. Mi ripeto: una donna è più problematica …una donna è attraversata da più passioni…una donna si trova sempre sospesa tra cielo e terra…una donna ha una testa che pensa e un utero in cui si forma la vita … una donna si gioca su più piani …è suo privilegio e sua condanna …se indagare liberamente deve intendersi in libertà illimitabile alla Freeman Dyson, no…una donna prima o poi si traccerebbe dei confini da sé sola… Così ripeto a me stessa. E spero di non essere smentita.

Marzo, 2001

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