Nonostante i ripetuti avvertimenti degli alti funzionari statunitensi e personalmente del presidente Joe Biden, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha ordinato al suo esercito di invadere la città di Rafah, al confine tra Gaza ed Egitto. Questo sviluppo rafforza i timori di un culmine del disastro umanitario già in corso, poiché Rafah è l’ultima area di Gaza ancora sotto controllo palestinese ed è stata invasa dalla maggior parte della popolazione della Striscia come ultima risorsa per gli sfollati delle regioni settentrionali e centrali.

Già nelle prime ore di venerdì mattina, i caccia israeliani hanno bombardato obiettivi all’interno di Rafah, uccidendo 22 persone, tra cui donne e bambini, portando il bilancio totale delle vittime dall’inizio della guerra a 27.840, secondo le autorità palestinesi.

“Doppio piano”

In seguito, Benjamin Netanyahu ha dichiarato di aver chiesto ai vertici militari di elaborare un “doppio piano” per schiacciare Hamas nella sua ultima roccaforte e contemporaneamente evacuare i civili da Rafah.
Parlando ai giornalisti giovedì sera, Joe Biden ha accusato Israele di un uso eccessivo della forza e ha insistito sulla necessità di un accordo di cessate il fuoco. “Come sapete, sono dell’idea che la risposta (di Israele) alla Striscia di Gaza sia stata eccessiva”, ha detto il presidente statunitense, aggiungendo: “Sto facendo molta pressione affinché ci sia un cessate il fuoco per il rilascio degli ostaggi. Sto lavorando instancabilmente in questa direzione”. Un giorno prima, il Segretario di Stato americano Anthony Blinken era tornato a mani vuote dal Medio Oriente, mentre Benjamin Netanyahu respingeva le richieste di Hamas per un cessate il fuoco, insistendo che “non c’è alternativa alla vittoria totale” sul gruppo islamico.

Da parte sua, il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca John Kirby ha dichiarato che qualsiasi espansione delle operazioni di terra di Israele a Rafah “sarebbe qualcosa che non sosterremo”. In tono più deciso, il portavoce del Dipartimento di Stato americano Vedant Patel ha dichiarato che: “Condurre un attacco simile in questo momento, senza pianificazione e con poca riflessione, in un’area dove un milione di persone si sono rifugiate, sarebbe un vero disastro”.

〈Si teme un enorme disastro umanitario nell’ultima enclave di Gaza sotto controllo palestinese, dove si è rifugiata la maggior parte dei residenti della Striscia.〉

L’imminente minaccia di un’incursione dell’esercito israeliano a Rafah sta causando terrore tra le organizzazioni umanitarie internazionali. Il direttore esecutivo dell’UNICEF, l’agenzia delle Nazioni Unite per l’infanzia, Catherine Russell, ha dichiarato che un eventuale raid rappresenterebbe “un altro devastante punto di svolta nella guerra”, avvertendo che a Rafah e nei dintorni ci sono circa 600.000 bambini, molti dei quali vivono in campi di fortuna in condizioni intollerabili.

Biden incontra Olaf Schultz

Gli sviluppi sul fronte di Gaza e la prosecuzione degli aiuti occidentali all’Ucraina sono stati i temi principali dell’incontro tra Joe Biden e il cancelliere tedesco Olaf Schultz alla Casa Bianca. Gli aiuti militari statunitensi a Israele e all’Ucraina sono stati bloccati a causa del continuo rifiuto dei repubblicani di approvare una legge al Congresso.

Nel frattempo, il Ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdolahian si è recato ieri a Beirut, dove avrebbe dovuto incontrare il leader del potente gruppo filo-iraniano Hezbollah e rappresentanti del governo libanese. Parlando con i rappresentanti di Hezbollah, Hamas e Jihad islamica (queste ultime due organizzazioni palestinesi mantengono anche una presenza armata in Libano), il funzionario iraniano ha promesso di continuare a sostenere queste organizzazioni.

Contemporaneamente, su iniziativa dell’Arabia Saudita, si sono incontrati a Riyadh i ministri degli Esteri di Egitto, Giordania, Emirati, Qatar e del Paese ospitante. Il tema dell’incontro, a cui ha partecipato anche il Segretario Generale dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), Hussein al-Sheikh, è stato quello delle iniziative arabe congiunte per la pace nella regione sulla scia del tour di Blinken.

Fonte: stampa estera