Il Lama rosso 2/2

I 60 racconti che Vi presentiamo in questa raccolta sono stati scritti nel XVIII secolo da un celebre intellettuale cinese, Ki-yun. Furono tradotti in francese solo nella prima metà del Novecento dall’ambasciatore cinese a Parigi Chang-loh, ed è a questa traduzione che si fa qui riferimento. A sua volta Chang-loh era scrittore, poeta e ricercatore, autore di una storia della Mongolia e della traduzione in cinese del Codice Civile francese.

Domenica scorsa abbiamo pubblicato i primi 30 racconti. Alla fine del testo trovate il sommario.

Ki-yun nacque a Hien, nella provincia di Zhili, nel 1724 e morì nel 1805 al termine di una brillante ma non lineare carriera politica. Entrato poco dopo i 35 anni nell’Accademia imperiale, dove fu compagno di studi dell’imperatore Chien-lung, venne esiliato a 48 anni per aver tradito i segreti di Corte. Due anni dopo fu richiamato a Pechino e nominato direttore delle quattro biblioteche imperiali. Insegnante dell’imperatore, poi segretario generale presso il Ministero dei riti, redasse il catalogo delle quattro biblioteche, un’opera molto importante in oltre 200 volumi, che elencano migliaia di libri e manoscritti conservati a partire dal 2697 a.C.

Presidente della Censura imperiale, ministro dei Riti, docente universitario e presidente del Consiglio, fu tra i mille anziani invitati a partecipare alla Corte imperiale ai festeggiamenti per i 70 anni dell’imperatore Chien-lung, del cui erede era padrino.

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LA CONFESSIONE

 

Un giovane temerario si lamentava di non aver mai visto gli spiriti. Una certa notte andò al cimitero. L’aria era fresca, dopo un breve acquazzone, e la luna era velata da nuvole leggere. Il giovane aveva portato con sé alcune bottiglie di vino.

– La solitudine è triste in una bella serata come questa – piangeva. – Se i miei amici nella tomba si degnassero di assaggiare il mio vino ne sarei molto felice.

Passarono alcuni minuti, poi alcune ombre avanzarono da tutte le parti e si fermarono a una certa distanza. Allora il giovane sparse il vino a terra.

– Questo vino è buono – disse uno spirito. – Daccene ancora.

L’uomo fece un altro brindisi e chiese: – Perché non vi reincarnate?

– Non siamo stati liberati – gli rispose lo spirito. – Come vedi, siamo in tredici. Quattro di noi aspettano il giorno in cui la trasmigrazione li farà tornare vivi, e presto gli altri nove andranno all’inferno.

– Dovete confessare – disse il giovane. – Così la vostra pena diminuirà.

– Ahimè! – sospirò lo spirito. –Dovevamo confessare prima di morire. Uno di noi ha compiuto questo dovere da vivo, ma poi è ricaduto negli stessi errori.

Si dice che i peccati confessati lealmente davanti a un monaco o al Buddha vengano perdonati. Inoltre bisogna che la confessione sia accompagnata dal desiderio sincero di non peccare più. Allora cancella il passato e ti vincola per l’avvenire.

Così è la vera confessione. Ma oggi chi la pratica?

 

 

COSÌ SI SPIEGANO CERTE ATTRAZIONI

 

Due coniugi possono benissimo essersi conosciuti in una vita precedente, come vediamo spesso nei romanzi. La cosa è tanto possibile quanto singolare. Eccone un esempio.

Nella provincia di Kuechou, in una delle famiglie più stimate nacque un maschietto. Appena imparò a parlare dichiarò che in un’esistenza precedente era stata una femmina. Diede nome e indirizzo dei suoi genitori e anche il nome dell’uomo al quale era stata data in moglie. Lui era morto giovanissimo e il marito al momento doveva avere una certa età.

Questa strana storia fece il giro della provincia.

Alcuni anni dopo uno straniero si presentò dai genitori. Il bambino lo riconobbe subito. I due si misero a discutere dei loro affari come due sposi che si ritrovano dopo una lunga separazione. Venuta la sera, andarono a dormire nello stesso letto, malgrado le proteste della famiglia.

La madre del bambino, inorridita, scacciò il preteso marito, che però prese alloggio in un albergo vicino e, quando fu dimenticato, rapì il bambino e nessuno li rivide mai più.

 

IL DOVERE QUOTIDIANO

 

L’ottavo giorno della quarta luna un mandarino portò in un tempio un gran numero di animali vivi per restituire loro la libertà e attirare su di sé la benedizione del Buddha.

– Perché sei qui? – domandò un monaco che passava di lì.

– Per adempiere a un obbligo di carità.

– Ma perché oggi e non ieri?

– Perché oggi è la festa del Buddha.

– E così, fai la carità solo una volta all’anno – disse il bonzo. – Oggi assicuri la vita a questi animali, ma ogni giorno dell’anno ne ammazzi per nutrirti.

Il mandarino non seppe cosa rispondere. In quel momento arrivò un monaco di più alto grado che veniva a chiedere perdono e che rassicurò il mandarino.

Dopo che quest’ultimo mi ebbe raccontato l’accaduto mi ricordai le parole che ci aveva detto un grande monaco della montagna di Utai: “Il nostro cuore dev’essere in ogni momento vicino al Buddha. Non è con le preghiere e digiunando in determinati giorni che gli facciamo cosa gradita, ma amando tutti gli esseri viventi”.

Che cosa dovremmo dire di un funzionario che accettasse regali in determinati periodi dell’anno? Che sarebbe un cattivo funzionario.

 

 

IL RATTO

 

Ci sono molte cose che non comprendiamo e che tuttavia hanno un significato.

Una notte una vecchia rapì una ragazza in un villaggio vicino. Altre donne l’aiutarono in questo ratto, nel quale si volle vedere una vendetta, cosa che non era, perché la vecchia non aveva mai avuto relazioni con la famiglia della giovane. Si credette perfino a una storia d’amore, ma la vecchia non aveva più figli, perché il suo unico figlio era appena morto di mal di petto.

I genitori della ragazza intentarono un processo e il tribunale emise un mandato d’arresto nei confronti della ladra. Costei era sparita. Le sue complici vennero arrestate e una di loro confessò la verità.

Prima di morire il giovane tisico aveva confessato alla madre una relazione segreta con una ragazza allora incinta di otto mesi.

– Se si potesse accogliere il bambino – disse – la nostra famiglia non si estinguerebbe.

La vecchia decise che ad ogni costo si sarebbe impadronita del bambino e pensò che fosse più sicuro non aspettare che la madre si fosse sgravata.

Il giudice ritenne inutile perseguire la vecchia. – Un giorno sicuramente tornerà al villaggio – dichiarò.

In effetti, qualche mese più tardi la vecchia stessa andò a presentarsi in tribunale, portando gioiosamente il neonato tra le braccia. Le venne inflitta una leggera multa.

La ragazza, ripudiata dai genitori, restò con la vecchia per allevare il suo bambino.

 

 

IL CATTIVO FRATELLO

 

Ho conosciuto un giovane che aveva allacciato relazioni molto intime con un suo amico. Costui era una volpe metamorfizzata e i giovani passavano insieme bei momenti. Avevano deciso che dovevano considerarsi fratelli.

Un giorno l’amico cambiò atteggiamento e sembrò allontanarsi. Il giovane, dispiaciuto, gli chiese se involontariamente lo avesse ferito.

– Affatto, ma tu ti comporti da cattivo fratello – rispose l’amico. – Non voglio quindi avere più nulla a che fare con te. Addio.

E partì.

Il giovane, in effetti, da qualche giorno era ai ferri corti con il proprio fratello.

Ecco una poesia del poeta Yangtieyeu che potrebbe essere adatta per questa storia:

 

Hai pagato un lingotto d’oro giallo

Per il mio amore.

Ti ho dato il mio corpo e il mio cuore.

Occupati piuttosto della tua legittima moglie

Che si lamenta di essere stata abbandonata.

 

 

L’AMORE INDISTRUTTIBILE

 

Passeggiando nei dintorni della città il giovane Ki scorse, sotto un albero sfiorato dalla pallida luce della luna, un uomo giovane che teneva sulle ginocchia una donna vecchissima. Poteva avere almeno 80 anni. Entrambi si scambiavano segni di grandissimo amore. Affascinato dallo spettacolo, il passeggero avrebbe voluto conoscere i nomi di quegli strani innamorati, ma improvvisamente vide solo una tomba sotto un albero. Sulla pietra rettangolare lesse questa iscrizione:

 

Il marito morì a 24 anni.

La moglie gli restò fedele fino alla tomba

e morì a 85 anni.

 

Si ha ragione di credere che l’amore coniugale non si spenga quando la sposa rimane fedele allo scomparso.

 

 

LA PIETRA SONORA

 

Una vecchia monaca di un tempio di Zanshov, nello Shantung, fu svegliata nel cuore della notte dal rumore di colpi battuti sulla “pietra sonora”, uno strumento musicale che si trovava nella sala del culto. Pensò che un devoto fosse venuto a pregare.

L’indomani parlò di questo rumore ai suoi allievi. Nessuno l’aveva sentito.

Lo stesso fatto si ripresentò la notte succassiva. La monaca si alzò e si avvicinò a una delle finestre della sala del tempio. Sopra la tavolta del culto una lanterna diffondeva una luce smorzata. La monaca vide con sorpresa il suo defunto insegnante suonare la pietra sonora intanto che, inginocchiata sul cuscino davanti al Buddha, una giovane donna pregava.

Riconobbe in quella donna una persona di buon cuore morta da qualche anno e che aveva conosciuto. La giovane implorava la pronta guarigione del marito ammalato e sperava che il Buddha l’avrebbe esaudita.

Anche da morta l’infelice si preoccupava per il marito.

Non è un bell’esempio di amore coniugale?

 

 

LA CAUSA E L’EFFETTO

 

Un falegname che abitava nel villaggio della Felicità desiderava molto sposarsi. Andò a trovare un vecchio astrologo e lo pregò di consultare le sorti per sapere se il suo desiderio si sarebbe realizzato e quale donna sarebbe stata sua moglie.

Fattosi dire il giorno, l’ora, il mese e l’anno di nascita del falegname, il vecchio fece dei rapidi calcoli e dichiarò: – Sposerai una donna attualmente maritata con un certo signor Pei che morirà molto presto. La tua futura sposa in questo momento abita nella regione del Sudovest, a un centinaio di chilometri da qui. Valla a trovare il prima possibile e certamente l’otterrai.

Munito di queste imprecise indicazioni, il falegname si mise in cammino. Arrivato alla fine del viaggio incontrò un giovane operaio e gli chiese se conoscesse il signor Pei.

L’operaio era nient’altri che il signor Pei.

– Che cosa vuoi da lui? – gli chiese molto incuriosito.

Il falegname raccontò ingenuamente la profezia che gli era stata fatta. L’operaio non gli lasciò finire il racconto. Si gettò su di lui e lo percosse in viso. Lo sfortunato si rifugiò in una bottega inseguito dal suo aggressore, ma il padrone si mise in mezzo e l’operaio rivolse la sua rabbia verso l’importuno. I due uomini vennero alle mani e il padrone ricevette un colpo mortale.

Il giovane Pei venne subito arrestato e fu condannato alla pena di morte come assassino.

Il falegname l’aveva scampata bella. Tornò a casa sua molto abbattuto e non volle più sentir parlare di matrimonio.

Tuttavia, due anni dopo sposò, tramite una vecchia mezzana, una vedova, la quale non era altro che la signora Pei.

Non è strano?

Senza la predizione dell’astrologo il falegname non avrebbe mai incontrato il signor Pei, il padrone della bottega non sarebbe stato ucciso, il signor Pei non sarebbe stato condannato a morte, sua moglie non sarebbe rimasta vedova, il falegname non si sarebbe sposato e non sarebbe successo niente. Non c’è dubbio che le cause precedano gli effetti, ma, per quanto riguarda questa storia, gli effetti si sono prodotti prima delle cause.

 

NESSUN LIBRO È INUTILE

 

Incaricato per vent’anni di redigere il catalogo di quattro biblioteche, ho potuto imparare cose che avrei ignorato e mi è stato concesso di salvare il mio nipotino che, a 2 anni, aveva inghiottito un chiodo. I medici non sapevano che cosa fare e il bambino dimagriva di giorno in giorno.

Consultai una raccolta di prescrizioni mediche e vi trovai questo rimedio: “Sciogliete un po’ di polvere di carbone di legno nel latte o nella minestra di riso e fate prendere questa mistura al bambino nel corso di tre pasti”.

Mi sono attenuto all’indicazione e il chiodo è stato espulso.

Questa efficace ricetta è stata fornita da Sutonpoo della dinastia Sun.

 

 

IL CUORE SANGUINANTE

 

Quando mio zio era prefetto di Zentei, un notabile della città scoprì una tomba nella quale si trovava uno scheletro con un cuore sanguinante. A lato della bara, su una pietra commemorativa, era scolpita questa iscrizione:

 

C’è un difetto in una pietra preziosa?

Una vergogna si nasconde sotto questa terra?

La tua anima erra sul limitare dell’acqua pura

e il tuo corpo riposa ai piedi della montagna.

Giuro sulla tua tomba

che tra mille anni si scoprirà

se non eri casta e pura.

L’intero tuo corpo verrà ridotto in polvere

ma se ti si condanna ingiustamente

il tuo cuore resterà vivo

per la sua amatissima quinta figlia.

Un vecchio ha scritto queste righe piangendo.

 

Con il suo cuore ancora vivo la giovane morta testimoniava la sua innocenza. Ci dispiace non sapere il suo nome.

 

 

SIMBOLI

 

Sul muro di una casa abbandonata, nella polvere, vennero decifrate queste righe:

 

I nuovi verdi sono sempre più numerosi

mentre i vecchi rossi diminuiscono.

Una bella donna piange

e le sue lacrime bagnano il suo vestito di seta.

 

Le farfalle, credendosi sempre in primavera,

volteggiano sopra i fiori dei legumi.

Quattro muri in rovina tappezzati di muschio

racchiudono l’anima del mio amore.

Ci si ricorda della loro passeggiata

sotto la pallida luna.

Oggi non c’è più traccia di scarpe di seta.

 

Queste due poesie, di oscuro significato, si prestarono a discussioni. Probabilmente furono scritte da un fedele dell’ultimo imperatore della dinastia Ming quando venne rovesciato.

 

 

LA PIETÀ FILIALE

 

Il vecchio Wangzinsing perse un figlio che amava molto. Il suo dolore fu tale che tentò invano di suicidarsi.

Tutte le sere si recava al cimitero sperando di rivedere il figlio. L’attesa non fu vana: gli apparve un fantasma. Il vecchio avanzò rapidamente ma lo spirito, che non sembrava averlo riconosciuto, gli disse: – Perché vieni a trovarmi tutte le sere? Ormai più nulla ci unisce.

Queste parole tranquillizzarono il vecchio, che smise di piangere il figlio.

Io credo che lo spirito avesse parlato così solo per pietà filiale, per alleviare il dolore di suo padre. Se si credesse che niente sopravvive, i sentimenti familiari scomparirebbero.

 

 

UNA VERITÀ

 

Un giovane si dava a pratiche lussuriose con una bellissima donna che in realtà era una volpe. La sua salute vacillò.

Quando lo vide troppo stanco per poter continuare a soddisfarla, la bellissima donna dichiarò all’amante che non lo avrebbe più visto. Questa crudele decisione lo rattristò e la supplicò di non abbandonarlo del tutto. La rimproverò anche di essere ingrata nei confronti del suo amore.

– Non c’è mai stato amore fra noi – disse lei. – È per il piacere che mi concedevi di venirti a vedere. Non ti devo nulla, perché non siamo sposati. Il vero affetto è una cosa rara. Ci sono poche relazioni disinteressate. Si desidera avvicinare qell’influente personaggio. Ci si allontana da lui quando perde il suo potere. E quanto ai ricchi, una volta rovinati, essi vedono gli eredi voltare loro improvvisamente le spalle. Io mi comporto come tutti.

 

 

IL FIORE GELATO

 

Shenziusen, la nipote del famoso censore, rimase orfana molto presto. Fu allevata dalla nonna, che era una poetessa e dipingeva con gusto. Anche lei imparò a scrivere poesie e a dipingere. Poiché le nostre amiglie si conoscevano, si fidanzò con mio nipote Jupei.

Disgraziatamente Shen morì prima delle nozze. Quando mia madre seppe che non c’era più niente da fare andò a trovarla. La nonna la ricevette davanti al letto della morente.

– Tua suocera è venuta a vederti – disse a voce alta alla nipote. – Guardala bene, perché è sempre stata buona con te.

La malata aprì gli occhi e posò lo sguardo sulla visitatrice poi, sollevando a fatica una mano, toccò con un dito il braccialetto di mia madre. Lei capì, si sfilò il braccialetto e lo mise al polso della giovane moribonda, che le rivolse un ultimo sorriso riconoscente.

Sotto il cuscino venne trovato un rotolo accuratamente sigillato nel quale era avvolto un bel dipinto raffigurante un mazzo di orchidee. La tela riportava anche questa poesia:

 

Questi poveri fiorellini di orchidea

sono innaffiati dalle piogge o dalle lacrime?

Solo io posso ammirarli,

ma mi dispiace che siano esposti nella valle,

al vento gelido, mentre sono degne di pietà.

 

Mia madre comprese il significato di quei versi e, più tardi, mandò il rotolo dipinto a mio nipote per ricordo della fidanzata morta.

Il matrimonio era stato ritardato solo perché Ziusen non andava d’accordo con la sua famiglia, alla quale rimproverava la disastrosa prodigalità.

 

 

L’IMPREVISTO

 

Uno studioso del mio paese di cui non dirò il nome era un uomo molto egoista. Si preoccupava soltanto di se stesso e ricercava il proprio benessere e il proprio vantaggio a spese degli altri.

Quando dovette fare l’esame si recò a Pechino in compagnia di alcuni amici. Un giorno la pioggia cadde così violenta che dovettero rifugiarsi in un alberghetto dove poterono offrire loro una sola stanza. Lo studioso dichiarò che stava male e si distese sul letto, mentre gli amici si stesero per terra.

Nella notte la pioggia cadde abbondantemente e gli sfortunati viaggiatori si inzupparono, mentre lo studioso dormiva beatamente al caldo. Ma ecco che il muro vicino al letto crollò, egli venne ferito gravemente e non gli fu possibile continuare il viaggio.

Un fatto simile accadde durante il mio esilio a Ulomuzy.

Una mattina partii per fare un’escursione. Il percorso sarebbe stato molto lungo e alla partenza il cielo era molto minaccioso. Impossibile trovare un carretto chiuso per i bagagli. Il mio domestico, Yulon, assomigliava molto a quello studioso ed ebbe cura di mettere i suoi bagagli sotto i miei per proteggerli dalla pioggia.

Dopo qualche dozzina di miglia il tempo si era rimesso al bello ma i cavalli che tiravano il carretto fecero un passo falso e affondarono profondamente nel fango. Le valige di Yulon si rovinarono spaventosamente.

Questi due esempi provano che la la furbizia e l’inganno a volte non servono a niente. Bisogna fare i conti, come si suol dire, con l’imprevisto.

 

 

I CONSIGLI DELL’ANIMA

 

Un giovane molto vizioso si ammalò. A un certo momento l’anima lo abbandonò e seguì, incerta e sperduta, altre anime, fino a quando incontrò quella di un amico.

– Hai commesso tutti gli sbagli – gli disse quell’anima – e perfino il più grande di tutti: hai disubbidito ai tuoi genitori. Per questo meriti l’inferno. Ma morirai solo tra parecchi anni. Ritorna nel mondo e sforzati di diventare migliore.

Spaventata, l’anima non chiedeva altro che emendarsi, ma come avrebbe potuto riparare ai suoi errori?

– Non posso fare niente per te – rispose l’anima amica – e neppure lo stesso Sakyamuni può salvarti. Conosci la domanda che fece ai bodhisattva riuniti in assemblea? Domandò loro chi sarebbe stato capace di staccare un campanellino appeso alla coda di una tigre. I bodhisattva non sapevano cosa rispondere, ma un giovane monaco dichiarò coraggiosamente (questa frase è diventata famosa!): “Solo chi l’ha attaccata potrà staccarla”. Sei dunque tu, e tu solo, che potrai rimediare al male fatto. Conosci la storia di quel macellaio che un bel giorno gettò via il suo coltello per non uccidere più animali innocenti e che diventò un buddha. Fai come lui.

 

 

PER ESSERE FELICI

 

Un po’ prima che mia madre si sposasse sua suocera le raccontò questa storia, certamente sperando che la giovane fidanzata se ne sarebbe giovata una volta sposata.

“Due sposi litigavano su ogni cosa. I loro dissidi si gravavano ogni giorno. La moglie diventò triste e contrasse una malattia cardiaca. Una vecchia monaca era venuta a trovarla ed ella le espose la situazione e le chiese consiglio.

– Non sono né uno spirito né un buddha – dichiarò la vecchia. – Non posso rivelarti la tua vita precedente, ma conosco un po’ il matrimonio. Due esseri sono uniti in apparenza, per amore, per ragione o per interesse. A questi motivi bisogna aggiungerne un altro: il desiderio di ricompensare l’affetto di uno dei due sposi o il bisogno di vendicarsi di lui o di saldare un debito. La tua situazione è certamente difficile, ma non scoraggiarti. La moglie finisce sempre per avere una certa influenza. Sii meno orgogliosa, nascondi le tue capacità, mostra solo i tuoi buoni sentimenti e non discutere mai. Occupati delle tue piccole cose e chiudi gli occhi su tutte quelle che dipendono da tuo marito.

La giovane donna seguì il consiglio e si trovò bene. In seguito ebbero un matrimonio perfetto.”

Mia madre raccontava volentieri questa storia davanti alle nuore. Affermava che non c’è modo migliore per essere felici nel matrimonio e, se non ci si riesce, è solo perché non ci si è applicati abbastanza.

 

 

LA PREGHIERA DI UNO SPIRITO

 

Quando il mio giovane amico Chuliyan dovette presentarsi all’esame imperiale si mise in viaggio per Pechino. Il viaggio si svolse sia con un carretto sia con una giunca e durò mesi. Una sera si smarrì e cercò a lungo un riparo nella campagna. Finalmente si ritrovò davanti a una casetta sperduta in fondo alla foresta. Bussò alla porta: un vecchio aprì e lo fece entrare in una piccola stanza. Sulla tavola bruciava una lampada che dava una luce verde; il vecchio manifestò il suo dispiacere per non potersi procurare un buon olio perché quell’anno il raccolto era stato cattivo. Si scusò inoltre di poter offrire al viaggiatore soltanto un po’ di vino. Entrambi chiacchierarono animatamente e il vecchio chiese al suo ospite dove andasse e il motivo del viaggio. Quando seppe che Chu andava a Pechino, lo pregò di fare per lui una piccola commissione.

Chu acconsentì volentieri. Il vecchio scrisse una lettera che subito affidò al mio amico, insieme a un pacchetto avvolto in un pezzo di stoffa.

– Il nome e l’indirizzo del destinatario sono scritti dentro, su una seconda busta – disse. – Non disfare il pacchetto prima di essere arrivato a Pechino.

Chu si adeguò a questa preghiera e quale non fu la sua sorpresa constatando che la lettera era indirizzata a lui stesso.

Ecco che cosa conteneva:

 

“Signor Chuliyan, la mia povera famiglia si è estinta senza eredi: mia moglie ha avuto l’imprudenza di affidaree tutta la nostra fortuna a nostro genero, che non si occupa più di noi dopo che siamo morti. La tomba che ci ospita cade a pezzi e le nostre anime non trovano riposo. Mi permetto dunque di affidarmi alla sua grande benevolenza e di voler far riparare la mia tomba quando tornerà da Pechino. Troverà qui acclusi alcuni gioielli d’oro che la ripagheranno delle spese. Mia moglie e io le esprimiamo la nostra profonda riconoscenza e i nostri sinceri ringraziamenti.

Yangtue

 

Chu capì che aveva conversato con uno spirito e tornando dal viaggio fece quello che gli era stato chiesto.

 

 

POESIE D’ALTRI TEMPI

 

Alcuni vecchi letterati si riunirono in un castello che si trovava a Ziekiang, vicino al lago dell’Ovest e vi convocarono un indovino capace di predire il futuro con l’aiuto di una bacchetta magica.

La bacchetta tracciò sulla sabbia fine le seguenti righe:

 

Le erbe cattive coprono la mia piccola tomba

nella quale è rinchiuso uno scheletro profumato.

Di sera solo la luna mi accompagna.

Passano poeti e mi salutano.

I loro canti leniscono il tormento della mia anima solitaria.

Si sono succedute moltissime generazioni

e il colore del lago non è cambiato.

Il sogno è sempre impreciso,

chi potrà credere che una bella persona

che ha vissuto tanti anni felici

sia sola ora davanti al fuoco del Buddha.

 

Questa poesia sembrava rievocare la bella Susiusiu, cortigiana e celebre poetessa sotto la dinastia di Zy.

Uno dei letterati affermò che era nata probabilmente nel V secolo.

Allora la bacchetta scrisse:

 

Sono uguale a voi, la mia anima partecipa a tutte le epoche. Ai tempi di Confucio la scrittura non era la stessa di oggi. Allora, perché nel tempio di Confucio ci si serve della scrittura moderna? Sakyamuni è nato in India e voi lo pregate in cinese. Non è questa la prova che tutto è possibile per l’anima immortale?

 

Un letterato le domandò: – Tu ricordi alcune poesie del tuo tempo. Saremmo molto felici se volessi farcele conoscere.

Di nuovo la bacchetta scrisse:

 

Desiderava venire a vedermi e non ha potuto,

desidero andare a vederlo e non posso.

Il vento odioso

ha tagliato le comunicazioni tra noi.

Da dove vieni, amore mio,

malgrado il vento e la pioggia che ti hanno battuto?

La tua veste di albicocca è tutta bagnata

ed è per me che ti sei stancato!

Mi sono tolta la gonna di farfalla

per spingere la barca con il mio amante

e sulla riva che il nostro riposo anela

guardiamo tranquillamente le nostre due ombre

in fondo ai flutti.

Non piantiamo loti presso lo stagno,

scegliamo un angolo deserto sotto i salici piangenti.

I viandanti spesso spezzano i fiori di loto

e nessuno si occupa dei salici piangenti.

 

 

UNO SCHERZO FINITO MALE

 

Il censore Ting mi raccontò la storia di un giovane che si suicidò dopo aver commesso alcune stupidaggini.

Era il quindicesimo giorno della prima luna, il giorno della festa delle lanterne. La serata era molto bella e tutti i giovani della città e della campagna si riversavano in massa nelle grandi piazze.

Tornando dalla festa il giovanotto incontrò, in un angolo della strada, una bellissima donna. Era sola e sembrava aspettare. La meravigliosa bellezza sconvolse il giovane, che tentò di farle una dichiarazione. La bella creatura non si degnò di rispondere. Egli la supplicò di venire a cena a casa sua ed essa finì per lasciarsi convincere.

Il giovanotto ne fu così felice che svegliò le sue due sorelle e le pregò di prendere parte alla cena. La tavola era colma di torte squisite e di frutti rari.

All’inizio la bella sconosciuta si mostrò timida e imbarazzata, ma dopo aver bevuto parecchie tazze di vino divenne socievole e si permise qualche familiarità con le due sorelle. Le prese una alla volta tra le braccia e le accarezzò teneramente. Il giovane si divertiva moltissimo.

Dopo cena la straniera si alzò, ringraziò educatamente il suo ospite e chiese il permesso di cambiarsi d’abito. Si tolse velocemente la parrucca e il vestito e le ragazze si trovarono di fronte un bel giovanotto che confessò di essere un attore.

Stupefatto e confuso per essere stato ingannato dal destino, il giovane stordito non si perdonò di avere compromesso le sorelle con tanta leggerezza e, quando quella storia ebbe fatto il giro della città, non poté più sopportare lo scherno pubblico e mise fine ai suoi giorni.

 

 

UN AMICO OPPORTUNO

 

Come un fuscello di riso si agita al vento, così l’uomo si piega al soffio del destino. I suoi mulinelli si manifestano per mezzo di riflessi e apparenze nei quali si scorgono delle realtà.

Mio zio aveva assunto un domestico, Hu, per la sua abilità a srotolare le antiche pitture senza rompere la seta rabberciata.

Una sera Hu, riavvolgendo i ninnoli che il suo padrone aveva fatto maneggiare ad alcuni amici dopo aver riempito le tazze di vino di un buon pranzo con indulgente dilettantismo, ruppe una scatola di lacca.

Vergognandosi della sua goffaggine, Hu decise di punirsi dandosi la morte.

Sul sentiero sul quale faceva la sua ultima passeggiata incontrò due spiriti che lo salutarono cortesemente: – Buttati in un pozzo – disse uno. – L’acqua fredda penetrerà nelle tue membra e morirai lentamente.

– Impiccati piuttosto a un albero della foresta qui vicino – continuò l’altro – e con la stretta improvvisa morirai senza accorgertene.

Avvicinandosi a lui per trascinarlo via, quasi gli strapparono i bordi della tunica blu. Hu non sapeva a chi resistere né a chi obbedire. Fu allora che arrivò un terzo spirito che mise violentemente in fuga gli altri due e con dolcezza portò via il giovane domestico.

Hu lo seguì fiduciosamente e improvvisamente si ritrovò davanti alla sua porta. Riconobbe allora nella sua guida l’anima dell’amico Teng, morto da poco, del quale aveva aiutato la madre malata.

Tutto ciò è avvenuto da mio zio durante la luna che sta per finire.

 

 

FEDELTÀ INCONSAPEVOLE

 

Guardo da lontano una bella donna che canta con in mano un ventaglio,

come una luna piena comparsa in fondo a nuvole lontane.

Se mi fosse permesso soltanto di guardarla senza avvicinarmi

preferirei non averla mai vista

 

ha scritto Litaipei pensando alle sofferenze degli amori illegittimi. Quelli che sono stati consacrati dalle cerimonie liturgiche e posti sotto l’egida benevola degli influssi favorevoli trascorrono giorni felici… E tuttavia… a volte la virtù è più sballottata del vizio, ma per un’anima ben temperata la costanza stoica è la più acuta delle voluttà.

Li era un giovane letterato al quale la lettura degli antichi testi aveva insegnato che niente è certo ma che conviene dare a se stessi una legge, e sapeva che la si trova soltanto nell’osservare scrupolosamente i vecchi riti. Questi non riposano su alcun fondamento e perciò non potrebbero essere messi in discussione, non più almeno delle parole di un anziano la cui autorità deriva dall’età e non dall’acume della sua intelligenza.

Poco dopo essersi sposato, sua madre, vedova, si ammalò. Poiché si dava il cambio con la moglie per curarla giorno e notte, non conobbe l’intimità dell’amore. Quando morì egli compì religiosamente le formalità prescritte dal Codice delle regole e disertò per tre anni il talamo coniugale.

Terminato il lutto, essendo la sua situazione diventata difficile, andò ad abitare dalla suocera, che aveva offerto una stanzetta alla giovane coppia. Ahinoi! Essa non poté proteggere a lungo i loro abbracci. Mentre la moglie si rifugiava nell’alcova materna, Li dovette condividere il letto con il giovane cognato da poco ritornato. Non vi trovò una compensazione, perché se la cultura del suo spirito era estremamente raffinata, era di abitudini austere.

Decise di cercare la fortuna altrove. La malasorte lo perseguitò e perse il poco che aveva.

Una sera che camminava tristemente sulla riva di un grande fiume e guardava la sua triste immagine riflettersi nelle acque limacciose, fu abbordato da un uomo che presto lo trascinò su un sampan improvvisamente materializzatosi nella notte e quattro rematori, i torsi dei quali la luna faceva brillare, lo spinsero verso una giunca ormeggiata più in là. Solo allora l’uomo rivelò di essere un pirata e invitò Li a bordo per tenergli compagnia.

Un pirata vive ai margini della società, senza preoccuparsi delle regole e delle leggi, e così Li non poté accettare questo tipo di esistenza e continuò a portare a spasso la sua malinconia fino al giorno in cui seppe, da una lettera della suocera, che la moglie era morta improvvisamente.

Il suo cuore ne fu spezzato, i suoi scrupoli svanirono e una sera scivolò furtivamente su un sampan in direzione del covo dei pirati. Era un’isolotto deserto, separato tutto il giorno dal mondo esterno.

Li lavorava a fare la lista dei proventi delle rapine e, venuta la notte, andava a guardare i banditi sfogarsi con alcune donne in una grande sala. Tra loro ne vide una che assomigliava talmente alla sua sposa che credette di rivedere lei. Anche lei lo notò e per qualche tempo si frequentarono senza rivelarsi niente del reciproco passato. Nell’illusione Li trovò infine un po’ di pace.

Ma questa pallida felicità non poteva durare e la sua situazione cambiò un’altra volta. Il capo dei pirati lo avvisò che era braccato dagli agenti del viceré e gli consigliò di fuggire, dopo averlo riempito di una sacco di pietre preziose e di lingotti d’oro. Così Li ritornò a casa carico di ricchezze.

Dopo aver salutato sua suocera, si recò alla tomba della moglie e, apertala, fu stupito di trovarla vuota. La suocera allora gli disse la verità e gli confessò che non era morta ma era stata rapita da un pirata. Dai particolari riconobbe che si era trattato del suo vecchio padrone e che la donna incontrata sull’isolotto era davvero la sua sposa.

Allora, disperato, invecchiò lentamente nella continenza, meditando sull’egual vanità dei precetti astratti e delle cose concrete.

 

 

LA TRASMIGRAZIONE

 

Lo zio del mio amico Laintai affermò, fin da quando incominciò a parlare, che era stato, nella sua precedente esistenza, un monaco del tempio delle diecimila vite, che si trova a ovest della città. Un giorno disegnò col pennello la pianta del tempio, indicando perfino gli alberi e i fiori che ne decorano il cortile. La ricostruzione era esattissima, ma non volle mai recarsi a quel tempio.

Il figlio del mio fattore morì all’età di 10 anni. In quel momento un vicino ebbe un figlio: il bambino si era reincarnato. Si ricordava dei genitori che aveva avuto in un’esistenza precedente e parlò di loro ad alcuni amici giunti in visita e che riconobbe, sorprendendoli grandemente chiamandoli per nome. Raccontò loro anche certi fatti avvenuti tempo prima. Ma ancora una volta morì giovane.

Questi due casi non sono forse una testimonianza della trasmigrazione delle anime?

 

 

IL FILOSOFO E LA VOLPE

 

Un ricchissimo filosofo perse la moglie. Non tardò molto a risposarsi con una bellissima donna che lo comandava a bacchetta, così che lui le lasciò dirigere la casa e amministrare le sue fortune. Ma costei, ritenendo che la gestione della casa fosse pesante, pregò il marito di accogliere con loro sua madre, poi due sorelle e infine i tre fratelli. Tutte queste persone s’installarono a casa del filosofo e s’imposero alla servitù al punto che il vero padrone sembrava essere ospite a casa propria. Non si tenevano in alcun conto le sue osservazioni e il denaro veniva sperperato senza che egli potesse controllare le spese. Protestò invano contro questa tirannia. Gli ingrati si coalizzarono contro di lui e spinsero la loro cattiveria fino al punto di maltrattarlo. Il filosofo ispirava compassione agli amici, ma nessuno osava intervenire nei suoi problemi. Impossibilitati ad aiutarlo, smisero ben presto di andarlo a trovare. Il povero filosofo restò solo.

Fu allora che decise di suicidarsi. Andò in giardino con l’intenzione di metter fine alla sua penosa vita quando incontrò un vecchio che gli disse: – Sono da molto tempo un tuo vicino. Anche se non mi conosci, io ti conosco bene. Se vuoi, verrò in tuo aiuto, perché sono una volpe che è diventata un asceta. Vai a trovare il bodhisattva della parrocchia e chiedigli di autorizzarmi a vendicarti.

Il filosofo accettò con gratitudine l’offerta della volpe e il giorno dopo le rappresaglie, condotte da una mano invisibile, ebbero inizio.

Schegge di pietre e di mattoni rompevano la testa degli intrusi. I cibi si rovesciavano appena serviti e una muta di cani li divorava all’istante. Svegliata nel cuore della notte, la suocera ebbe la sorpresa di ritrovarsi quasi nuda in giardino. Le tende e i vestiti prendevano fuoco. Bisognava scongiurare immediatamente una minaccia d’incendio. Dopo il tramonto rumori sinistri si fecero sentire a tal punto che era impossibile dormire. Queste prove durarono parecchi giorni e parecchie notti. Le due cognate impazzirono. La madre dovette decidersi a lasciare, insieme ai figli, la casa di suo genero, e il filosofo poté finalmente vivere in pace con sua moglie, che allora acconsentì a restituirgli una ricchezza pesantemente intaccata.

Si parlò molto di quell’onesta volpe e si lodò il suo buon cuore. Quanti dei nostri più cari amici si sarebbero rifiutati di fare quello che fece per lo sfortunato filosofo?

È vero che la volpe è migliore dell’uomo? No. È molto intelligente, ma ha meno esperienza.

Un proverbio dice: “Il buon cuore diminuisce quando sopravviene l’esperienza. Al contrario, l’egoismo cresce”.

 

 

IL RICORDO

 

Passando davanti a una macelleria un vecchio monaco si mise a piangere. Un curioso gli chiese la causa del suo dolore.

– Sarebbe troppo lungo da spiegare – disse il monaco. – Pensavo alle mie due vite precedenti. Nella prima facevo il macellaio. Morii a 40 anni. Poiché avevo ucciso animali innocenti fui, per espiare la colpa, trasformato in animale domestico. Ricordo di aver sofferto di un caldo terribile, poi, tutto d’un colpo, una frescura che mi svegliò e mi trovai in un porcile tra molti piccoli maialini nati prima di me. Una vecchia dai capelli gialli, che teneva in mano una candela, gridò: “Ce ne sono otto, e sono tutti benvenuti”. Capii molto bene quelle parole, perché non avevo dimenticato il linguaggio umano ma non potevo parlarlo. Di tanto in tanto litigavamo tra noi. I miei fratelli si ricordavano, come me, delle loro passate esistenze. Sapevamo che un giorno saremmo stati mangiati e spesso i nostri occhi si riempivano di lacrime. Il calore dell’estate ci faceva soffrire atrocemente. Provavamo sollievo solo rotolandoci nel ruscello. Il freddo ci era ancora più penoso. Così eravamo molto invidiosi dei cani e dei montoni che possedevano delle belle pellicce e avevano caldo.

I primi tempi succhiavo il latte di mia madre insieme ai miei fratelli, ma, in capo a due mesi, rifiutò di allattarci ancora, pensando senza dubbio che eravamo abbastanza grandi da poter fare a meno di lei. Torturati dalla fame, mangiavamo tutto quello che riuscivamo a trovare. Infine, un giorno fummo legati per i piedi e fummo messi su un carretto che ci portò davanti a una macelleria. L’ultima ora era arrivata.

– Non vi racconterò quell’agonia – disse il monaco. – Le sofferenze che ho patito si erano impresse così fortemente nella mia anima che, quando diventai uomo, decisi di farmi monaco per elevare la mia anima e meritare più felicità. Vedi, il ricordo non si cancella, ed è per questo che davanti alla macelleria non ho potuto trattenere le lacrime.

 

 

UNA TRADIZIONE

 

A Ulomuzy il mio compito era quello di rilasciare e vistare i passaporti dei morti che venivano trasportati da lì all’interno della Cina. Senza passaporto l’anima dei morti non avrebbe potuto oltrepasssare la Grande Muraglia.

Questa tradizione, imposta da non so chi e non so quando, mi parve così ridicola che ottenni dal Governo militare l’autorizzazione a cancellarla. Tutti mi approvarono. Dieci giorni dopo mi si informò che ogni notte alcuni spiriti si lamentavano fuori dalla città di non poter tornare al loro paese. Mi permisi di sorridere. Un po’ più tardi corse voce che gli spiriti piangevano dentro la città. Sperai che i piccoli funzionari avessero inventato queste storie per non rinunciare ai benefici legati ai passaporti e non tenni conto dell’avvertimento. Ma una sera di luna piena e di notte chiara, passeggiando in giardino con il mio amico Kun, esiliato come me, sentii davanti alla finestra della mia camera strani rumori che sembravano allontanarsi man mano che ci avvicinavamo. L’amico mi disse: – La tua decisione è certamente ragionevole, ma l’incidente di questa sera mi sembra significativo. Riprendi la vecchia tradizione e rilascia di nuovo i passaporti. Credo che gli spiriti non ti disturberanno più.

Fin dall’indomani seguii il consiglio del mio amico e, a partire da quel giorno, non si sentì più piangere né fuori né dentro la città.

 

 

LA CAMERA STREGATA

 

Mia madre possedeva, sulla riva del fiume Wuai, una proprietà nella quale una serva si era strangolata. Nessuno osava abitare nella stanza dove era avvenuto il dramma.

In una notte d’estate un domestico e una nuova serva, che ignoravano questa storia, vi si dettero appuntamento. Erano lì da poco quando videro, attraverso la finestra, l’ombra di una donna sui gradini delle scale che guardava tristemente la luna ed emetteva grandi sospiri. Un cane scorse l’ombra e si mise a ululare. Altri cani abbaiarono e tutta la casa si svegliò.

Gli amanti furono scoperti.

Era stato proprio per sfuggire alla vergogna che la serva si era suicidata.

 

 

I CONSIGLI DI UNA MORTA

 

La signora Chang, la prima moglie di mio nonno, morì giovanissima. Un anno più tardi mio nonno sposò la signora Chan. Il giorno del suo matrimonio costei vide entrare nella sua stanza una giovane con un vestito giallo e verde. La sposa non osò chiederle chi fosse e la prese per una parente. La visitatrice si avvicinò alla giovane sposa, le diede alcuni consigli sul modo di tenere la casa e di dare ordini ai domestici e la invitò a diffidare di certe persone, poi scomparve e non tornò mai più.

Mia nonna parlò di questa apparizione a suo marito e, dalla descrizione che fece della visitatrice, mio nonno riconobbe la sua prima moglie, venuta a iniziare alla nuova vita colei che le era succeduta.

 

 

PER VIVERE MEGLIO

 

Quando mia madre entrò in agonia fece venire presso di sé i figli e i nipoti e disse loro: – Sento che è arrivata la mia ultima ora, perché dicono che al momento della morte rivediamo i nostri genitori defunti, ed essi mi sono appena apparsi. Ho potuto guardarli senza vergognarmi. Figli miei, siamo tutti mortali. Pensate spesso alla vostra ultima ora e fate in modo di non dover arrossire davanti ai vostri antenati. Amatevi e aiutatevi reciprocamente.

Dopo aver così parlato mia madre morì.

Mio padre, sviluppando il suo pensiero, ci spiegò: – Fintanto che viviamo siamo in lotta con l’umanità e, in questo sforzo costante, dimentichiamo la morte. Le persone non pensano molto alla morte. Se ci pensassero di più, forse nel mondo ci sarebbe più felicità.

 

 

L’ESPIAZIONE

 

Un uomo, scomparso per un’improvvisa malattia, resuscitò in capo a ventiquattr’ore.

Durante il suo breve passaggio nel mondo degli spiriti, fu stupito nel vedere un altissimo funzionario in prigione.

– Tu eri ricco e onnipotente sulla terra – gli disse – e ora eccoti qui povero e misero. Che ne hai fatto delle tue ricchezze? Non è possibile portarle con sé?

– Si può – rispose l’importante personaggio – ma non lo si desidera. Come vedi, quelli che si sono comportati bene in vita qui sono perfettamente felici. Sta a noi scegliere il nostro destino prima di morire. Ahimè, per me è troppo tardi!

 

 

SOMMARIO

Introduzione

Il lama rosso

Il riflesso nello specchio

Gli spiriti buoni e gli spiriti cattivi

Il buddha protegge l’amore

L’avvertimento

La bontà ricompensata

Il sogno e il pensiero

L’intenzione e il destino

Il cuore fedele

Una reincarnazione

Lo spirito di una madre

La profezia

La giustizia dopo la morte

L’implacabile creditore

Il sacrificio funebre

La tomba oltraggiata

La voce misteriosa

Il mangiatore di anatre

La mistificazione

Il caso difficile

Il sacrificio inutile

Il sogno d’amore

L’amante dimenticata

Il marchio rosso

Una storia morale

Un presagio in versi

Le tigri

La moderazione nella felicità

Il dovere quotidiano

Il porcellino

Dov’è il dovere

La confessione

Così si spiegano certe attrazioni

Il dovere quotidiano

Il cattivo fratello

L’amore indistruttibile

La pietra sonora

La causa e l’effetto

Il ratto

Nessun libro è inutile

Il cuore sanguinante

Simboli

La pietà filiale

Una verità

Il fiore gelato

L’imprevisto

I consigli dell’anima

Per essere felici

La preghiera di uno spirito

Poesie d’altri tempi

Uno scherzo finito male

Un amico opportuno

Fedeltà inconsapevole

La trasmigrazione

Il filosofo e la volpe

Il ricordo

Una tradizione

La camera stregata

I consigli di una morta

Per vivere meglio

L’espiazione